Secondo dopoguerra. Non è facile rialzarsi dopo la Seconda guerra mondiale. Anche a Trani non è facile. Difficile che la maggior parte delle famiglie riescano a mangiare almeno tre volte al giorno. Le bombe sono ormai lontane, ma la fame era ancora fra i tranesi. Una delle vie di fuga da quella condizione non poteva che essere la scuola, l’istruzione, verso un nuovo sviluppo, un nuovo progresso, che poi, meno di vent’anni dopo, sarebbero arrivati.

Questa foto è un emblema, un simbolo di una Trani che non ci sta a soccombere nella miseria, nell’ignoranza, nel sottosviluppo. Quel signore seduto tra i suoi giovani studenti, di questa scolaresca immortalata per l’occasione, è il mio bis nonno, Carlo Alberto Ronco. Un maestro, anche severo da quello che mi raccontano, di quelli che usavano una specie di paletta per infliggere sonore spalmate sulle mani dei più indisciplinati. Altri tempi, altra scuola, ma quanti tranesi temprati e formati da quell’educazione ferrea, che poi sarebbe stato un loro tratto distintivo.

Quel bambino più piccolo degli altri, in piedi e appoggiato, ma quasi sfuggente, sulla gamba destra del maestro, (che poi era suo nonno) è mio padre, Carlo Alberto, che poi sarebbe diventato professore, oggi in pensione.

Vedo in quegli sguardi semplici ma umili, dignitosi, del maestro Ronco e dei suoi allievi, tutta quella voglia di riscatto, rispetto ad una condizione non facile, dimostrata anche dell’abbigliamento dimesso e, in alcuni casi, la maggior parte, di fisici mingherlini. Il mio bis nonno era uno che si faceva rispettare e che ha saputo trasmettere in tante generazioni di tranesi dei valori saldi. Anzi, sfuggendo alla retorica: ha insegnato a tanti come si stava al mondo. Ai maestri come lui, che si misero in gioco in quel determinato momento storico, nella prima parte del secolo scorso, credo che Trani debba essere riconoscente.

Questa foto risale ai primi giorni dell’aprile del 1948 ed è stata conservata dal mio procugino Beppe Farano, a sua volta nipote del maestro Carlo Alberto di cui qui si parla. La madre di Beppe, Angela, per me zia Pupetta (fu chiamata sempre così in famiglia) era una delle figlie di Carlo Alberto. Chissà se Trani riuscirà un giorno, oggi come allora, proprio grazie alla scuola e alla cultura, di ritrovare una sua identità, un suo ruolo.