Il Tribunale monocratico di Trani ha assolto “perché il fatto non sussiste” gli imprenditori di Corato (Bari) Giuseppe Lotito e Salvatore Piccolomo, accusati dall’allora pm di Trani Antonio Savasta di aver ordito un piano per danneggiare l’imprenditore Flavio D’Introno, amico di Savasta, incolpandolo di usura. I fatti risalgono al giugno 2012. Savasta, ora in carcere su disposizione della magistratura salentina per presunte mazzette ricevute in cambio di procedimenti penali favorevoli (tra i quali quello “Fenerator” per usura a carico di D’Introno) e indagato anche per le accuse ai due testimoni, ipotizzava nei loro confronti il reato di minacce per far ritrattare un testimone.

In particolare, stando alla ricostruzione accusatoria formulata da Savasta sulla base anche di una annotazione di pg a firma del poliziotto Vincenzo Di Chiaro (anche lui arrestato nell’inchiesta dei pm di Lecce), Lotito e Piccolomo, difesi dagli avvocati Andrea Moreno e Chiara Introna, avevano minacciato un altro testimone del processo “Fenerator”, Francesco Gadaleta perché accusasse D’Introno di usura (nello specifico perché ritrattasse le dichiarazioni che discolpavano l’imputato). A sostenere tale accusa c’era anche una annotazione di Di Chiaro, ritenuta falsa, nella quale c’era scritto che il poliziotto aveva sentito dire da uno dei due testimoni che “anche se D’Introno non mi ha mai fatto usura … sarà condannato perché quando siamo stati sentiti dal giudice abbiamo saputo fingere bene”. D’Introno, che poi per usura è stato condannato, in questo processo era parte offesa.

Per la falsa annotazione di pg, Di Chiaro è già indagato a Lecce, ma oggi il Tribunale di Trani ha trasmesso gli atti alla Procura per valutare la posizione sua e di altre due persone, Gadaleta e Michele Valente, tutti “uomini di D’introno”, come hanno scritto gli stessi pm di Lecce nelle imputazioni a carico di Savasta.