«Nell’ultimo consiglio comunale, quello del giorno otto marzo, il sindaco, che era in aula, non ha ottenuto il numero legale per avviare i lavori. L’argomento più spinoso da trattare era e sarà indubbiamente quello della proposta di approvazione del famigerato impianto di trattamento del percolato, il quale nasconde varie insidie e cose non dette. Ormai molti cittadini tranesi, quelli che si sono informati, lo sanno». Lo scrive in una nota il consigliere comunale della Lega, Gianni Di Leo.

«La Regione Puglia, con l’accordo del sindaco, vuole realizzare a Trani questo impianto che sarà a servizio di altre discariche oltre la nostra, a riferimento di un bacino di utenza da Bari a Foggia. Secondo questa prospettiva, anche la nostra discarica dovrebbe essere riaperta, anche se non ci dicono chiaramente se sarà una discarica per inerti oppure una discarica per rifiuti speciali, tale da assorbire il “concentrato” del percolato cioè la sua parte più tossica.

Da tutta questa vicenda si emana il tanfo della ambiguità e delle imposizioni da parte di altri soggetti, con la complicità anche del circolo tranese di Lega Ambiente. Io me li ricordo quelli di Lega Ambiente: i sacerdoti del sapere ambientale, detentori della verità, con le loro bandiere verdi che non si capiva se fossero o meno tifosi dell’Avellino, quelli del mare pulito o del mare inquinato a seconda che al governo ci sia il centro destra o il centrosinistra, quelli contro la discarica o favorevoli a seconda degli ordini di scuderia.

Ora il circolo di Trani di Lega Ambiente vuole riaprire la discarica. E va bene. Ma quale tipo di discarica non si sa. Poi con un comunicato non firmato Lega Ambiente dice che un impianto di trattamento del percolato è utile, mentre il suo assessore dice che lo prevede la legge.

Certo che è utile, certo che lo prevede la legge, ma perché farlo a Trani di quelle dimensioni (capacità di 42 milioni di litri all’anno!), e comunque non è “obbligatorio” come si vorrebbe far capire.

La cosa diventa umoristica quando affermano che l’impianto si deve fare “a condizione” che l’AMIU sia il gestore: una delle poche cose giuste affermate, forse per mettere a posto la coscienza. Bravi!

Ma io non vedo atti ufficiali che garantiscano questa asserzione, non vedo cronoprogrammi, non vedo piani finanziari, tutta documentazione preliminare che dovrebbe garantire e tutelare non solo l’AMIU, ma tutta la nostra città dall’impatto di questo impianto.

Insomma approvare questo tipo di impianto di proprietà regionale sul nostro territorio, su suoli di nostra proprietà e senza alcuna garanzia, per me sarebbe equivalente alla cintura di castità indossata dalla sposa solo al ritorno del marito-guerriero tornato dalla crociata».