Se si continua a trascurare la manutenzione del verde, degli alberi in particolare, rischieremo un effetto eutanasia per molti altri di loro. Già molti altri alberi, andati all’altro mondo, non potati o potati troppo (capitozzatura fa rima con kaput per molti di loro), sono poi stati attaccati da batteri o cocciniglia o quelli che hanno deturpato le strade (poi nemmeno riparate, vedi piazza Dante o viale De Gemmis) con le loro radici, sono stati abbattuti e non sostituiti.

In via Borsellino vi è stata una potatura nei giorni scorsi, ma per altri pini ciò non è avvenuto (da quanto testimonia un lettore) e le loro chiome diventano enormi, tanto da entrare letteralmente negli appartamenti. Un lettore abitante in via Borsellino ci aveva scritto disperato: “Aiutateci, sono tre anni che segnalo, ma nessuno ci ascolta. Ieri sono venuti con un carrello ed hanno tirato un solo ramo (presumibilmente pericoloso) ma il resto di certi pini esplode letteralmente”. C’è chi segnala poi sporcizia per strada, tra cartacce e residui degli stessi alberi, nella stessa via Borsellino, con segnalazioni ad Amiu ancora senza risposta. Altri alberi in via Borsellino sono stati abbattuti e non sostituiti.

L’assenza di manutenzione porta inevitabilmente alla morte, negli anni, dei poveri alberi.

E non finisce qui: i lecci della Villa e di piazza della Repubblica vengono segnalati da una nostra lettrice: “Sono in uno stato pietoso e temo siano stati attaccati da un batterio che in Salento ha già fatto strage di lecci”.

Il punto è che manca un Piano del Verde che riscriva da zero l’ex storia d’amore fra Trani e gli alberi. Ora c’è un censimento in atto, ma crediamo che il prossimo e più urgente passaggio sia quello di un Piano di rinascita, di riprogrammazione, di individuazione di tutti i luoghi utili per fare di Trani una vera città verde, con tutti gli effetti e le ricadute positive che ciò può comportare in termini di salute, benessere, riossigenazione.

Se abbattere alberi deve portare poi a costruire capannoni, cambiando le destinazioni d’uso dei terreni, che potrebbero diventare parchi, siamo lontani anni luce dal Piano, dalla Città Verde, dallo Slow, dalle immaginarie Capitali della cultura (anche ambientale), dai pipponi giornalistici.