L’imprenditore Flavio D’Introno, le cui dichiarazioni hanno permesso alla magistratura leccese di fare luce sul sistema della cosiddetta ‘giustizia svenduta’ nel Tribunale di Trani, è stato condannato a due anni e sei mesi di reclusione. La pena è stata patteggiata nell’udienza preliminare davanti al gip di Lecce, Sergio Tosi, nell’ambito dello stralcio dell’inchiesta che si è conclusa l’estate scorsa con le condanne in primo grado dei magistrati coinvolti, l’ex gip Michele Nardi e gli ex pm Antonio Savasta e Luigi Scimè.

La Procura proposto una condanna a 2 anni e otto mesi di reclusione a fronte dei 2 anni e 4 mesi proposti dalla difesa. D’Introno, a cui è stato comunque riconosciuto il massimo della collaborazione, è attualmente detenuto nel carcere di Trani dove sta scontando una condanna a 5 anni e 4 mesi per usura, nell’ambito dell’inchiesta Fenerator. La difesa dell’imprenditore D’Introno, l’avvocato Vera Guelfi, aveva invocato l’applicazione della legge Spazzacorrotti che rende non punibile chi denuncia. La richiesta non è stata accolta in quanto l’imprenditore è ritenuto vittima del sistema ma al contempo anche complice. E’ stato inoltre disposto anche il pagamento delle spese processuali e delle parti civili.