Non doveva andare così. I disguidi di varia natura intercorsi a danno del parco di via delle Tufare assumono un significato emblematico, che vanno al là delle cronache.

Doveva essere un primo passo per il rilancio di un intero quartiere. Di lì a poco si sognava, oltre al parco, le strutture sportive, una piscina comunale. Servizi, in una parola. Servizi per le periferie. Un cavallo di battaglia, ormai formale, buono specie per le coalizioni di sinistra. Invece nulla. Avete già letto in questi giorni cosa è intervenuto. Un gap che scava un ulteriore fossato tra chi predica bene e razzola male. Tra chi predica bene in campagna elettorale e poi chi razzola male dopo, che poi sono sempre gli stessi. Un passo da teatro dell’assurdo. L’identità del politico di sinistra, un tempo associata al sostegno dei più deboli e delle periferie, ora è prigioniera dei tanti “vorrei ma non posso”, dell’invasione delle cavallette provenienti dalla coalizione avversaria, dalla confusione creata tra essere politici di sinistra ed essere persone che lavorano per se stesse, per la propria carriera, il proprio ritorno.

Il naufragio di via delle Tufare è un simbolo. Un naufragio di un programma che doveva essere di sinistra e come tale (forse) era stato votato dai cittadini.