Michele Emiliano ha definito il Piano di Riordino Ospedaliero ormai definitivo. Nessun ripensamento dunque per un progetto su cui si discute da mesi tra tavoli tecnici ed incontri con il direttore generale, Ottavio Narracci.

L’ospedale di Trani, secondo il nuovo progetto, verrà soppresso e trasformato in PTA, presidio territoriale di assistenza. Il problema c’è, ed è grave seppure in pochi lo vedono. Capita, secondo la nuova disposizione di personale e posti letto di arrivare nel nuovo pronto soccorso di Trani per un malore. Celeri gli interventi del personale medico nell’analisi e cura tempestiva del paziente. Esito: il ricovero presso un reparto di Medicina per ulteriori controlli e accertamenti. Ma l’unico ospedale certamente disponibile si trova a Cerignola, a ben 53 kilometri di distanza. L’Ospedale di Barletta nella giornata di ieri, 22 gennaio, ha comunicato di non poter accogliere ulteriori pazienti e così anche il Bonomo di Andria e l’Ospedale di Bisceglie.

Il paziente rifiuta il ricovero per la lontananza. Il medico si attiene alla decisione del paziente.

Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha elaborato un piano di riordino fatto di grafici e numeri, senza alcun dubbio corretti, ma non ha considerato i problemi possibili: per esempio come può una moglie avanti con l’età raggiungere il marito ricoverato a Cerignola da Trani.

Il Piano di Riordino Ospedaliero non ha considerato i problemi semplici delle famiglie semplici e così lo stesso sindaco, Amedeo Bottaro, ha forse agito con troppa superficialità non considerando che il popolo tranese, già tradito e sfiduciato, non ha più forza neanche per opporsi.  Una città all’avanguardia non può non essere dotata di un ospedale in grado di accogliere i propri malati. Reparti specializzati si, ma non a discapito dei reparti fondamentali per la cura del malato.  Un malato in ospedale ha bisogno dell’amore e delle attenzioni dei familiari, ma se l’ospedale dista 56 km è improbabile garantirgli tutto ciò.

Le forza politiche tranesi, consiglieri e assessori in carica e non, dovrebbero assumersi la responsabilità di guardare in faccia i problemi della sanità locale e regionale. Dovrebbero interrogarsi sulla qualità del proprio operato e affrontare l’amarezza dei cittadini, vessati ormai da problemi che paiono e forse sono insormontabili.  La politica dovrebbe garantire all’unisono il diritto alla salute, un diritto fondamentale piuttosto che decidere se trasformare Trani in Città della Cultura, che fa bene si ma non è fondamentale e necessaria se non si garantiscono i diritti minimi, che sia il tasto di un ascensore o il ricovero in un ospedale che se non dietro l’angolo perlomeno sia vicino.