«Nella breve nota biografica su San Nicola presente nel Proprio delle messe dell’Arcidiocesi, così troviamo scritto: “Nato in Grecia, dopo aver trascorso alcuni anni in solitudine, giunse in Puglia percorrendola con una croce in mano, invocando la misericordia di Dio con l’invocazione: Kyrie eleison. Sostò a Trani, dove morì alcuni giorni dopo il suo arrivo, nel 1094, lasciando grande fama di santità. A pochi anni dalla morte, Urbano II lo canonizza, Bisanzio, arcivescovo e popolo plaudenti”. Poche note che ci offrono le coordinate principali, essenziali, l’orizzonte necessario all’interno del quale inserire la nostra festa patronale, occasione propizia per lasciarci istruire da Gesù su come vivere la nostra esperienza terrena e poter accogliere quella eterna, meglio, quella dell’Eterno, Padre buono e clemente.

Da Lui, come ci ha ricordato il libro del Siracide, speriamo benefici, felicità e misericordia per ciascuno di noi, per la nostra Chiesa diocesana, per questa Città e per il mondo intero.

Vogliamo crescere nella consapevolezza che la vita, e la pienezza di vita sono un dono di Dio, e non c’è nulla che possiamo fare per poterle meritare, così come erroneamente pensava il personaggio del vangelo appena ascoltato. L’origine di questi doni, come di ogni realtà che ha esistenza, è l’amore, l’amore di Dio che può raggiungere il nostro cuore nella misura in cui ci prendiamo cura dei poveri e delle povertà che segnano la vita dei nostri fratelli e sorelle.

Celebriamo la festa di San Nicola Kyrie eleison, il Pellegrino, il Santo Patrono principale della nostra Arcidiocesi e di Trani. Una festa, quella di quest’anno, preceduta da un lungo tempo di preparazione, molto bello, vissuto insieme, con tanto coinvolgimento e partecipazione a livello cittadino. Ricordo tra i tanti appuntamenti le catechesi quaresimali presso la Chiesa del Carmine, la Via crucis cittadina nella Villa comunale, le varie attività per ragazzi e giovani delle nostre parrocchie e scuole, la “serata astronomica”, la festa cittadina degli oratori.

L’accoglienza delle reliquie di San Francesco d’Assisi arricchisce queste giornate di festa. Saluto e ringrazio i religiosi francescani di Assisi, del Sacro Convento e di Santa Maria degli Angeli, che hanno accompagnato le reliquie del Poverello nella nostra Città. A settembre ricambieremo la vista con un pellegrinaggio ad Assisi. Approfitto per salutare e ringraziare della loro gradita presenza, che ci onora e ci riempie di gioia, i rappresentanti dell’associazione Greco Ortodossa “San Nicola il Pellegrino” di Stiri. Tutti speriamo che questo rapporto possa continuare e crescere nel tempo.

Nella storia della Chiesa, sul finire del tempo dei martiri comincia a farsi strada una nuova forma di vita, l’esperienza monastica, il cui ideale è quello di realizzare in una intera esistenza ciò che il martire viveva in un momento: il dono della propria vita in unione a Gesù morto per la salvezza dell’umanità. I monaci sono coloro che vivono nella totale rassomiglianza di Cristo.

La prima espressione di vita monastica è quella eremitica o anacoretica. Si diffonde nel IV secolo, quando ci sono le conversioni di massa e il tenore della vita cristiana si affievolisce: gli stantes, cioè degli stazionari che si imponevano l’immobilità assoluta, gli stiliti sulla colonna, i dendriti che vivevano sugli alberi o dentro, gli acemiti quelle persone che non dormivano, i boschivi che vivevano a modo di animali brucando l’erba, i reclusi che si lasciavano murare dentro delle grotte, i dementi che si fingevano pazzi per farsi disprezzare dagli altri a motivo di Gesù.

In qualche modo, sulla scia di questi anacoreti, Francesco e Nicola sono due cristiani che desiderano vivere nella totale somiglianza a Gesù, per tutta la vita, annunciando il Vangelo nel loro mondo con la propria esperienza, con la propria persona.

I due Santi sono accomunati dal loro vivere il vangelo in modo radicale, simili al Maestro, Gesù, senza sconti o accomodamenti. Ciò li ha resi, anche se in epoche e in modalità diverse, espressione vivente del paradosso cristiano, valutato umanamente come follia.

Il cristianesimo, infatti, è paradosso proprio perché fondato sulla persona del Figlio di Dio che si è incarnato, una verità che alla logica umana risulta assurda, contraddittoria: Gesù, come può essere Dio e uomo contemporaneamente? È questo il paradosso, la follia: l’Onnipotente nel Bambino Gesù si fa fragile, l’Infinito diventa piccolo; il potere si esprime nel servizio; i nemici sono destinatari di amore e perdono; gli ultimi sono i primi; la morte è vita! Allora, quello che umanamente, razionalmente, siamo portati a vedere separato, in contrasto, nel cristianesimo diventa incontro, composizione ed espressione di una nuova realtà.

E chi accoglie e vive tutto ciò, come Nicola e Francesco, è un paradosso, è un folle!

I nostri santi sono i Folli in Cristo, persone innamorate di Gesù che hanno vissuto il Vangelo nella sua totalità, e hanno avvertito la chiamata a darne annuncio e testimonianza nel loro mondo.

Quanto c’è bisogno anche oggi di questa follia che annunci misericordia, che chieda misericordia. Oggi, purtroppo, come in passato si impongono invece sciagurate follie: la follia della guerra che semina soltanto morte, distruzione, povertà, dolore; la follia dell’indifferenza, dell’individualismo egoistico; la follia di quelli, nella Chiesa e fuori della Chiesa, che sono sepolcri imbiancati, persone ipocrite e false che nascondono dietro una bella apparenza, corruzione e vizio. Se diamo poi uno sguardo anche superficiale ai quotidiani, troviamo la follia della guerra in Ucraina giunta oggi al 522° giorno di distruzione di abitazioni, cattedrali, ospedali, mercati, silos di grano…; la follia della vita che non viene accolta dopo essere stata concepita, o mercificata insieme alla maternità, o accompagnata verso l’eutanasia quando segnata dalla fragilità e sofferenza della malattia, o considerata categoria di scarto quando non corrisponde ai criteri dell’efficienza o della giovane età; la follia di questo tempo che non riesce ad accompagnare i giovani e a sostenerli nelle loro difficoltà che spesso diventano causa di crisi e scelta di percorsi di morte; la follia delle persone che devono fuggire dalla terra d’origine e anziché trovare una situazione di vita migliore finiscono in spirali di violenza, chiusure e rifiuti con il drammatico epilogo della morte nel mar Mediterraneo o nel deserto.

San Francesco ci accompagni nella scoperta del Vangelo, vera buona notizia, e a praticarlo nella sua interezza, sine glossa. Il nostro Santo Patrono ci aiuti a cogliere e accogliere il cuore del Vangelo, il comandamento dell’amore verso Dio e verso il prossimo, Kyrie eleison.

La preghiera di San Nicola, conosciuta come preghiera del cuore, i nostri anziani l’hanno praticata come preghiera delle giaculatorie. Sono quelle preghiere brevi, come lanciate verso il cielo, ripetute continuamente nel corso della giornata, anche durante le faccende domestiche o quando si è presi dai vari impegni quotidiani, con lo scopo di tenere desta la consapevolezza di stare davanti a Dio perché Dio sta davanti a me, sempre, non mi abbandona mai, si prende cura di me, mi sostiene, mi vuole bene. La preghiera del Kyrie eleison caratterizzi profondamente le nostre relazioni fraterne e il nostro rapporto con Dio.

Sono molto contento di tutti coloro che generosamente hanno risposto all’invito che ho loro rivolto a collaborare all’organizzazione della festa patronale in sinergia e spirito di comunione. Ringrazio il Comitato Feste Patronali, la Confraternita San Nicola il Pellegrino, le Confraternite di questa Città, i presbiteri di Trani e l’intera cittadinanza. È questa la strada che dobbiamo continuare a percorrere anche nei prossimi anni. Nel tempo in cui con Papa Francesco stiamo riscoprendo la nostra essenza di Chiesa sinodale, popolo di Dio che cammina insieme, non possiamo che seguire la strada della comunione e della collaborazione in nome del Santo Patrono. A tutti auguro caramente una buona e santa festa».