«Lettera aperta al sig. Sindaco e, ma non per sola conoscenza, a tutti quegli assessori, consiglieri di maggioranza e di opposizione che per anni sono stati sempre silenti (meglio indifferenti?) alle reiterate istanze sul recupero del  patrimonio librario, di quadri e di attrezzature, rimasto prima in balia di chi aveva occupato abusivamente  palazzo Vischi, sede storica della biblioteca  “Bovio” dopo il trasloco (si fa per dire) dei libri dei quali una cospicua parte fu lasciata a morire in ambienti murati, come successe ai personaggi di verdiana memoria, Aida e Radames». Interviene così Mario Schiralli, già Direttore Biblioteca Comunale “G.Bovio”.

«Scrivo perché sento di averne pieno diritto come cittadino tranese e come ex direttore della “Bovio” per 22 anni, preceduti da altri 14 a far tesoro degli insegnamenti dell’allora mio Maestro Benedetto Ronchi, che mi hanno permesso di far conseguire alla “Bovio” notevoli traguardi nella vita culturale della città e del Meridione d’Italia. Lo testimoniano i vari  congressi nazionali a partire dagli anni Ottanta.

Anni addietro feci sentire subito la mia vibrata protesta allorquando, anche se già in pensione, appresi le modalità dell’allora imminente spostamento dei libri da Piazza Longobardi alla nuova sede, e la notizia, riportata dal Corriere della Sera, che migliaia di volumi che non avrebbero trovato posto nella nuova collocazione (cosa arcinota già da anni prima, ma la politica more solito fece orecchie da mercanti) sarebbero andati al rogo, attaccando pubblicamente sulla “Gazzetta” in prima persona e mettendo a tacere con fondate e pesanti argomentazioni chi, magari, quasi da neonazista in pectore, già pregustava … un grosso falò.

Ora leggo con piena soddisfazione che quei libri, dopo anni di tribolazioni, finalmente saranno sanificati e recuperati alla pubblica fruizione. E la soddisfazione è ancora maggiore quando apprendo che tra i quasi cinquemila volumi (tanti ne sono e non qualche centinaio “e di scarsa consultazione” come irresponsabilmente fu riferito all’allora capo dell’amministrazione esponendolo suo malgrado ad una figura barbina) che stanno per essere restaurati ci sono anche cinquecentine e opere rare per fortuna già “guarite” da un primo finanziamento.

Di contro non possono essere ignorati gli aspetti negativi dell’intera operazione (spostamento del patrimonio bibliografico dalla vecchia alla nuova sede).

Primo fra tutti l’enorme danno erariale che ricade sulla cittadinanza: occorrono cinquantamila euro per l’operazione restauro per reperire i quali è stata aperta una sottoscrizione. Meglio sarebbe dire una questua. Ci si appella alla sensibilità di aziende, associazioni e cittadini proprio per sopperire alla “povertà” delle casse comunali depredate per scopi effimeri. Soldini che potevano essere risparmiati se solo una certa politica non avesse fatto trascorrere tanti anni che hanno deteriorato tantissimi volumi, senza considerare il danno a varie apparecchiature acquistate con fondi regionali, tra cui il laboratorio di microfilmatura, il gabinetto fotografico ed altre ancora, rimaste tutte nella polvere.

Se da una parte si dice che è inutile piangere sul latte versato, è anche vero che tutto ciò dimostra, laddove ve ne fosse bisogno, l’insensibilità e la cattiva amministrazione della città da parte di una classe politica dedita a tutt’altro che a favorire la cultura, elemento essenziale e universale per la crescita di una comunità.

Amo sempre la Biblioteca e proprio per questo continuerò a battermi non facendo lo struzzo, ma con l’unica arma che possiedo: l’esperienza maturata in trentasei anni di lotte in prima persona e di lavoro producendo cultura (lo dico con assoluta convinzione confortato dalle attestazioni di tantissimi ex studenti, oggi affermati professionisti).

Spacciare aride fotocopie per operazioni culturali corredate da qualche grossolano svarione (quando le cose non si sanno e meglio non farle, mi ha sempre insegnato Ronchi), stilare pieghevoli infarciti di errori che una maestra elementare segnerebbe con la matita blu, appropriarsi di titoli accademici che non si sono mai conseguiti, sono cose indegne che un pubblico amministratore dovrebbe condannare, ma che invece sono accadute. E oggi assisto anche a fatti a fatti mi verrebbe da dire di natura omertosa. Da tempo chiedo l’apertura della cassaforte dell’ex economo comunale per recuperare una medaglia d’oro lì custodita, donata alla “Bovio” dai familiari di Stanislao Fusco, ex direttore generale prima, e presidente poi del Banco di Napoli, con l’aggiunta di due milioni e mezzo di lire, utilizzati per le suppellettili dalla sala maggiore di lettura. Di questa medaglia (554 grammi di oro con l’effigie di Fusco su un lato e lo stemma in maderperla sull’altro) pare non ci sia  più traccia. E nemmeno della sala maggiore di lettura a lui intitolata. Tutto svanito nel nulla a cominciare dagli atti deliberativi, dai carteggi e dall’ atto notarile di donazione della medaglia?

E’ stato innalzato un muro di gomma. Nessuno, nonostante le assicurazioni di tutti gli amministratori interpellati, è stato in grado (o ha voluto) di venirne a capo.

Finché tutto rimane nella stretta cerchia di chi fa finta di starti a sentire e promettere di intervenire, ci potrebbe stare. Ma, come diceva Andreotti: “A pensar male si fa peccato. Ma spesso si azzecca”».