Un articolo di Paul Badde è in uscita sul numero di aprile del mensile Vatican Magazine, periodico in lingua tedesca, relativo a particolari degli affreschi della cripta della cattedrale di Trani. Un’ampia anticipazione dell’articolo è uscita sul sito dell’agenzia stampa cattolica tedesca CNA. Paul Badde è nato nel 1948 in Germania, Badde ha studiato storia e politica a Francoforte. È stato per 18 anni giornalista del quotidiano Frankfurter Allgemenine Zeitung. Giornalista e scrittore di fama internazionale, scoprì il Volto Santo di Manoppello mentre si recava a San Giovanni Rotondo nel 2004.

L’articolo tradotto da Valeria Mangione è incentrato sulla rappresentazione della Trinità nella cripta di San Nicola.

Eternità fissata nel tempo

Una rappresentazione unica della Trinità nella cripta della cattedrale di san Nicola nella città portuale di Trani in Italia, in Puglia, offre una spiegazione molto ardita e acuta sull’origine dell’antica icona di Cristo nel suo sacro sudario

Dell’icona originale di Dio col volto del Risorto nel sudario di Cristo, che ora ritorna prepotentemente nella storia, ci sono almeno otto diverse tradizioni di rappresentazione. Questa singolare immagine sul velo è tenuta (soprattutto in Oriente) ora dal Re Abgar ora dall’apostolo Giuda Taddeo, poi ancora (in Oriente come in Occidente) da angeli o dall’arcangelo Michele e dalla Madre di Dio, (e – quasi solo in Occidente) dalla leggendaria Veronica come una delle donne in lutto a Gerusalemme, o anche da Pietro e Paolo, e il tessuto leggerissimo è sempre rappresentato anche fra le cosiddette “arma Christi”, cioè “le armi di Cristo”, che sono soprattutto gli strumenti del martirio con i quali il Figlio di Dio è stato tormentato, torturato e ucciso. Però Gesù non è mai stato tormentato con il sacro sudario. Questo tessuto assomiglia piuttosto a una prima lettera illustrata da quella terra della salvezza in cui “tutte le lacrime vengono asciugate”.
La rappresentazione più originale del “Sanctissimum Sudarium” che io abbia mai visto si trova in Puglia, nella cripta della cattedrale normanna di san Nicola a Trani, sull’Adriatico. La costruzione, proprio davanti al mare, della basilica crociata, che qui assomiglia proprio a una nave che spiega le vele in partenza per la Terra Santa, fu iniziata nel 1099, e questo è quasi tutto ciò che si sa di certo sulla storia di questa misteriosa e imponente casa di Dio.

Invece sull’affresco della Trinità nella cripta che qui veniamo a presentare, nessuno sa qualcosa di preciso, né a Trani né altrove. Non si riesce a rintracciare né l’età precisa, né l’artista. Neppure il rettore della cattedrale sa aiutarci. Pertanto solo lo stesso affresco può rispondere alle domande che suscita nell’osservatore.É danneggiato come un palinsesto, come uno di quei frammenti di pergamena sui quali si scriveva sempre un nuovo testo. Eppure l’ultimo “testo” di questo affresco è chiaro e inequivocabile. Vediamo un gruppo di figure con Maria al centro, come Regina del cielo e della terra. Alla sua destra il Volto di Gesù contornato dall’aureola del Cristo messianico, che tiene nella destra uno scettro come segno del suo potere di sovrano e giudice. Alla sinistra di Maria Dio Padre con le tre dita, che già in santa Cecilia a Roma rimandano alla Trinità, prima che lei offrisse il collo ai suoi carnefici.

Però non si vede alcuna colomba come tradizionale simbolo dello Spirito Santo nell’interazione della Trinità. Sotto le parti danneggiate dell’affresco non si vede Gesù Bambino sul grembo di Maria. Lei non è seduta ma in piedi, altrimenti non sarebbe sullo stesso piano col Padre e il Figlio. Per questo Maria con un gesto singolare nell’immagine tiene un velo da sposa trasparente ai due estremi, ciascuno con due dita, che paragonato a tutti gli oggetti noti si può identificare solo col sudario di Cristo. Il che in modo sensazionale e spettacolare è di grande aiuto per la spiegazione dell’origine sempre dibattuta di questo velo, che con luce diversa mostra il Volto umano di Dio nel Volto di Cristo con un’espressione sempre nuova. Di esso sentiamo parlare nel Vangelo di Giovanni, dove riappare come “soudarion” che nel sepolcro “avevano posto sul capo di Gesù”.

Tuttavia un oggetto come il velo, anche nella mano di Maria, sposa dello Spirito Santo, non può rappresentare lo Spirito Santo stesso, che in questo affresco ancora manca nella rappresentazione a completamento della Trinità. Qui invece rappresenta in modo insuperabile e ardito l’effetto dello Spirito Santo nel formarsi dell’immagine prodigiosa nel santo sudario! Perché sul velo, che avevano posto come ornamento prezioso sul viso del Crocifisso, è stato infuso anche il primo respiro del Risorto. L’icona originale all’interno del delicato tessuto-ragnatela non è stata fatta da mano d’uomo, e nemmeno per un lampo della resurrezione. Era piuttosto lo stesso respiro col quale Dio aveva già alitato su Adamo ed Eva e col quale Gesù aveva infuso il divino Shalom dopo la sua resurrezione: “La pace sia con voi!” Era lo Spirito Santo. Nello splendore del primo mattino di Pasqua questo Spirito e alito deve aver infuso anche il Volto Santo sul velo di bisso.

Come dire che dobbiamo perciò immaginarci il Volto di Cristo, il quale senza alcun colore posa inspiegabilmente sul leggerissimo velo, come la Schekinah, come il lato femminile di Dio che nell’immaginario ebraico nidifica come una colomba in alto sul muro del pianto, dal quale guarda giù sul popolo di Israele come abitazione pasquale di Dio nella nostra materia. L’immaginazione e rappresentazione è singolare: eternità fissata nel tempo.