Home Attualità Nell’ottantesimo anniversario della morte del Generale tranese Ettore Baldassarre

Nell’ottantesimo anniversario della morte del Generale tranese Ettore Baldassarre

Il racconto di Francesco Petrarota

Era il 26 giugno 1942 e nel caldo torrido del deserto nordafricano a Marsa Matruh in territorio egiziano ai confini con la Libia in un ospedale da Campo del Regio Esercito Italiano si spegneva l’esistenza del Generale Ettore Baldassarre. Pochi giorni prima, il 21, le forze italo-tedesche, comandate dalla “volpe del deserto” il Generale tedesco Erwin Rommel, avevano colto un formidabile successo a Tobruk, riuscendo ad espugnare la roccaforte dell’esercito britannico ed infliggendo al nemico perdite pesantissime, soprattutto in fatto di mezzi, munizioni e carburante. Uno dei protagonisti della vittoria era stato il Generale Baldassarre, posto al comando del Ventesimo Corpo Corazzato Italiano, composto dalla Divisione Corazzata Ariete, della quale Baldassarre era stato comandate fino a pochi giorni prima, dalla Divisione Corazzata Centauro e della Divisione Motorizzata Trieste. In realtà il numero e la consistenza in fatto di blindatura e calibro dei cannoni dei carri armati italiani erano drammaticamente scarsi, ma a questo sopperiva l’eroismo dei soldati e la capacità tutta italiana di arrangiarsi in ogni situazione. Rommel, sempre critico e sprezzante verso gli alti ufficiali italiani, riteneva che Baldassarre fosse l’unico generale italiano in grado di manovrare grandi unità corazzate, e a lui chiedeva ogni volta di realizzare veri e propri miracoli, tanto da affermare: “abbiamo chiesto agli italiani molto di più di quello che potevano darci con le loro scarse risorse militari, e loro sono riusciti a farlo”. Purtroppo la mancanza di armamenti adeguati costringeva gli italiani ad enormi perdite umane, come nel caso dei bersaglieri, spesso utilizzati come  “carne da macello” per attaccare il nemico. Rommel sapeva bene che la schiacciante superiorità di uomini e di armamenti dei britannici, che avevano già ricevuto come rinforzo i carri armati americani Lee–Grant, poteva essere contrastata solo da una grande velocità di manovra e tentativi di aggiramento con attacchi improvvisi, e così ordinò alle forze dell’Asse di inseguire alla massima velocità l’ottava armata britannica, nella speranza di arrivare fino ad Alessandria d’Egitto, porto di primaria importanza. Anche gli italiani, pur ridotti malissimo dopo Tobruk, si lanciarono all’inseguimento, e il Generale Baldassarre organizzò l’avanzata della scarse forze corazzate italiane, ma, mentre era in prima linea al comando dei suoi uomini, la sua autovettura fu colpita da un bombardamento dell’aviazione inglese, e lui riportò ferite gravissime. Trasportato all’ospedale militare in condizioni disperate, continuò fino all’ultimo respiro ad incitare i suoi uomini e a dare istruzioni operative, così come testimoniato dal Tenente Nistri, suo ufficiale di fiducia. La perdita di uno dei pochi comandanti validi lasciò sgomenti gli italiani, e anche Rommel, che volle inviare un telegramma alla moglie di Baldassarre per esprimere le sue condoglianze e riconoscere il grande valore del comandante italiano. Inoltre i tedeschi concessero al Generale italiano la croce di ferro di prima classe alla memoria. Baldassarre fu seppellito nel cimitero militare di Bardia, in Libia, e intorno alla sua tomba fu posto un cingolo di carro armato.

La storia ci racconta che l’avanzata italo-tedesca si fermò il 30 giugno 1942 ad El Alamein, dove i britannici avevano predisposto un formidabile sbarramento difensivo con tutte le loro forze, tra l’altro rafforzate dall’arrivo di 300 carri armati americani Sherman.

Dopo due velleitari tentativi di sfondamento in luglio ed agosto Rommel, che nel frattempo si era ammalato, dispose le sue forze sulla difensiva, e il 23 ottobre i britannici, comandati dal Generale Bernard Law Montgomery, scatenarono una tremenda offensiva, dando vita ad una delle più importanti e sanguinose battaglie della seconda guerra mondiale. Le forze dell’Asse, invece di organizzare la ritirata, combatterono fino alla fine, venendo completamente annientate, incluso il Corpo Corazzato Italiano e la gloriosa Divisione Ariete, tanto cara a Baldassarre. Nella battaglia si distinse per eroismo la Divisione Paracadutisti Folgore, i cui soldati fermarono letteralmente a mani nude i mezzi corazzati inglesi con dinamite e bottiglie incendiarie: si ritirarono per ordine ricevuto in 300, ma gli inglesi non riuscirono mai a travolgerli. Anche il primo ministro britannico Winston Churcill, che riteneva l’esercito italiano “il ventre molle” delle forze dell’Asse, rese onore in un celebre discorso al parlamento inglese ai soldati della Folgore, dichiarando che combattevano come leoni.

Ettore Baldassarre era nato a Trani il 27 aprile 1883, era un militare di carriera che aveva preso parte alla guerra italo-turca del 1911/12 (nella quale fu decorato con la medaglia di bronzo al valor militare) e alla prima guerra mondiale, nella quale fu uno degli ideatori e perfezionatori dell’uso di palloni aerostatici per guidare in tiro dell’artiglieria pesante. Come militare esperto di artiglieria, allo scoppio della seconda guerra mondiale, fu posto al comando della celebre Divisione Corazzata Ariete, per ottenere poi nel marzo del 1942 il Comando del Ventesimo Corpo Corazzato Italiano in Africa settentrionale. Per il suo sacrificio ottenne la medaglia d’oro al valor militare. A lui la Città di Trani ha dedicato una via nel centro cittadino e la Scuola Media di piazza Dante. La caserma di Maniago, in provincia di Pordenone, dove ha sede il 132° Reggimento di Artiglieria Corazzata Ariete, inquadrato nella Brigata Corazzata Ariete (una delle migliori unità del nostro esercito) è stata intitolata ad Ettore Baldassarre.

In un momento nel quale viviamo quotidianamente il dramma della guerra, possiamo comprendere come la follia di un dittatore possa portare morte e distruzione ad un popolo, e privarlo così dei suoi uomini migliori.

Francesco Petrarota

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