Sono nate da alcune segnalazioni trasmesse dalle Procure di Bari e Trani le indagini della Dda di lecce, che stamattina hanno portato all’arresto del giudice barese Giuseppe De Benedictis e dell’avvocato Giancarlo Chiariello. La possibilità che tra esponenti dell’avvocatura barese e magistrati potesse esistere un accordo corruttivo è emersa nel corso di alcune indagini della Dda di Bari e poi è stato confermato nell’ambito dell’ascolto di alcuni collaboratori di giustizia.

Le segnalazioni sono state inoltrate per competenza a Lecce. Le indagini sono state coordinate dalla pm Roberta Licci (la stessa che nel 2019 ha indagato e fatto arrestare l’ex pm di Trani Antonio Savasta e l’ex gip Michele Nardi) mentre l’ordinanza di custodia cautelare è stata firmata dalla gip Giulia Proto. La Procura di Lecce, dopo l’esecuzione delle misure cautelari, ha espresso “grande apprezzamento per l’eccellente lavoro svolto e la grande professionalita’ dimostrata dai carabinieri del Nucleo investigativo di Bari” e ringraziato le autorita’ giudiziaria di Bari e Trani “per la collaborazione istituzionale prestata e le segnalazioni trasmesse, che hanno consentito di concludere un’indagine assolutamente doverosa, anche se al tempo stesso dolorosa per tutti noi”.

Nello specifico sia De Benedictis che l’Avv. Chiariello sono accusati di aver stretto un accordo corruttivo in base al quale il giudice avrebbe emesso provvedimenti di scarcerazione in favore degli assistiti dell’avvocato Chiariello. De Benedictis nei giorni scorsi ha anche presentato richiesta di dimissioni dalla magistratura. L’ordinanza in queste ore è stata notificata a diversi altri noti esponenti della criminalità organizzata, già detenuti in particolare del clan Sinesi-Francavilla, ma l’inchiesta potrebbe arricchirsi anche di altri nomi. Sono almeno otto, infatti, gli altri indagati tra cui ci sono anche alcuni collaboratori dello Studio dell’Avv. Chiariello ed un appuntato dei Carabinieri. L’inchiesta della Procura di Lecce è destinata a far molto rumore perchè nel fascicolo sono infatti confluiti altri particolari tali da ipotizzare che vi siano coinvolgimenti non solo sul fronte dell’ipotesi di corruzione, ma anche per la rivelazione di segreti d’ufficio.

Le indagini, nello specifico infatti, hanno accertato come in cambio di somme di denaro in contante, consegnate anche all’ingresso di un bar nelle vicinanze del nuovo Palazzo di Giustizia di Bari, il gip avrebbe emesso provvedimenti favorevoli agli assistiti dell’avvocato. I soggetti beneficiati, in gran parte appartenenti a famiglie mafiose o legate alla criminalità organizzata barese, foggiana e garganica, potendo contare sullo sperimentato accordo corruttivo tra il giudice e l’avvocato, sarebbero riusciti ad ottenere provvedimenti di concessione di arresti domiciliari o rimissione in libertà, pur essendo sottoposti a misura cautelare in carcere per reati anche associativi di estrema gravità.

Nel corso delle indagini, sono state registrate conversazioni in cui De Benedictis e Chiariello discutono sulle strategie migliori affinché il giudice potesse motivare i provvedimenti più favorevoli ai clienti del penalista. In un’occasione i carabinieri hanno registrato il conteggio del denaro in contanti consegnato al gip e ancora il dialogo sugli importi da imputare alla corruzione. Le conversazioni sono state intercettate sia all’interno dell’ufficio del gip, sia nell’ascensore del palazzo dove Chiariello abita.

Minuzioso il lavoro dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Bari, che il 9 aprile scorso, dopo aver compreso che ci sarebbe stato un incontro tra De Benedictis e Chiariello per il pagamento di un compenso dopo la concessione degli arresti domiciliari in favore di Antonio Ippedico, arrestato per associazione mafiosa, hanno seguito il gip in tutto il suo percorso: prima allo studio dell’avvocato in via Sparano attorno alle 8 del mattino, poi nel suo ufficio di via Dioguardi dove è stato colto mentre riponeva un malloppo di banconote dal giubbotto al pantalone. A questo punto è scattata la perquisizione in cui sono stati prima rinvenuti i sei mila euro in contanti nella disponibilità di De Benedictis e poi sono stati rinvenuti sino a 60mila euro in casa del gip, soldi nascosti all’interno delle prese elettriche.