Il Tribunale per le misure di prevenzione di Bari ha revocato la richiesta della Procura di Trani di confiscare gli ingenti beni riconducibili al 63enne imprenditore di Corato, Savino Tondo, pregiudicato per reati di associazione a delinquere, furto e ricettazione. Contestualmente, i giudici hanno disposto il dissequestro di tutti gli immobili, i conti correnti, le quote societarie (direttamente intestati a lui o a familiari) sequestrati nel 2017 e 2019, tra il barese, la BAT e la città di Ferrara. In realtà un primo sequestro era intervenuto già nel 2016, su un patrimonio valutato in 120 milioni di euro.

L’ipotesi della Procura di Trani era che Tondo avesse reinvestito, nel settore immobiliare, capitali di ingente valore derivanti dalla sua attività illecita, anche in ragione della sproporzione tra i redditi dichiarati e i beni che rientravano di fatto nella sua disponibilità. I giudici di Bari, dopo le pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte costituzionale, quest’ultima del 2019, hanno però rilevato come «la pericolosità sociale del Tondo si sia arrestata al ’91, data in cui ha commesso l’ultimo reato per il quale è stato condannato in via definitiva e la sostanziale mancanza di profitti conseguiti dai reati consumati fino al 1985». Hanno, perciò, concluso che la richiesta di confisca non può essere accolta perchè gli elementi addotti dalla Procura di Trani «non consentono di affermare la pericolosità sociale di Tondo Savino secondo i principi probatori dettati dalla sopravvenuta giurisprudenza della Corte costituzionale e, in ogni caso, non vi è prova dell’avvenuto reimpiego» dei presunti proventi dei reati.