Durante il consiglio comunale che si è svolto Lunedì 9 Gennaio è stata rinviata la decisione relativa al provvedimento sulle modalità di gestione, fruizione di Palazzo Beltrani.

Firmatarie del provvedimento due consigliere comunali, Francesca Zitoli e Patrizia Cormio, rispettivamente presidente e componente della V commissione consiliare, quella dedicata alla cultura e alla istruzione. Al fine di rendere Trani un laboratorio urbano di sperimentazione e ibridazione di linguaggi artistici «Palazzo Beltrani ha bisogno di colmare i suoi gap gestionali, di ripensare la sua struttura organizzativa, artistica e scientifica interna, nonché il suo scopo culturale e sociale, per ambire da un lato ad un ruolo formativo e divulgativo per il grande pubblico, dall’altro a una funzione di  sostegno per la ricerca e per gli addetti ai lavori, diventando così una finestra sul panorama delle tendenze artistiche attuali. Del resto, Palazzo Beltrani è uno spazio che ha tutte le premesse per essere, attraverso un approccio multidisciplinare, sede riconosciuta per la contaminazione delle diverse forme dell’arte e un punto di snodo nel processo di relazione tra arte, società e territorio. È una sede ideale anche per ospitare le tendenze contemporanee più all’avanguardia, sia dal punto di vista degli eventi espositivi, sia dal punto di vista dell’incentivazione alla mobilità e alla produzione artistica, tentando di inserire Trani all’interno di un circuito di scambi culturali a livello internazionale (basti pensare all’iniziativa di ampia eco mediatica Residenze d’artista) con una curiosa e dinamica offerta culturale di interesse per il territorio, per i turisti e gli addetti ai lavori».

Le consigliere proseguono: «Questo è un tema che non può ignorare un secondo aspetto cruciale: la gestione pubblica del patrimonio e dei servizi culturali locali. Nell’ambito del piano di razionalizzazione che sarà sottoposto – ci auguriamo quanto prima – all’attenzione dell’assise comunale, crediamo emerga con evidenza la necessità di dotarsi di un soggetto giuridico in grado di avocare a sé il controllo, la direzione e la gestione del sistema culturale pubblico, quale, ad esempio, la già esistente ma non attiva Fondazione Ida Greca del Carretto. Attualmente la gestione dei servizi di Palazzo Beltrani è stata affidata tramite gara ad un concessionario che si dovrà occupare dell’apertura, chiusura, gestione bookshop e caffetteria, programmazione eventi ed iniziative. Un buon punto di arrivo rispetto allo stato attuale, ma bisogna ambire a qualcosa di più. La politica deve dare una chiara idea di gestione dei servizi e dei contenitori culturali tramite una Direzione nuova di stampo più spiccatamente manageriale, secondo le recenti linee guida proposte e attuate dal ministro Franceschini, e una Fondazione di stampo pubblico, capaci di garantire i fini della fruizione culturale, quali studio, educazione, aggregazione e diletto. «Ripartire dalla cultura», tema molto caro al Sindaco Bottaro, implica l’avviamento di un processo di lettura e comprensione dei segni materiali e immateriali stratificati nel tessuto urbano. Da qui una ipotesi di politica culturale capace di immaginare una funzione per ogni centro della città, a partire da un luogo e/o da un’istituzione culturale. Tuttavia ogni centro più che un contenitore deve diventare un propulsore, cioè un luogo non solo di distribuzione ed esposizione, ma anche di produzione e scambio vitale con l’altrove. In altre parole, gli spazi pubblici devono acquisire sempre pregnanza simbolica di mito fondativo (la città è qui) e rito aggregante (la città si fa qui)».

E concludono: «Si è pensato più volte di candidare Trani a Capitale europea della cultura, ma risulterebbe curioso farlo senza prima riorganizzare in maniera critica e scientifica i principali contenitori culturali, rendendoli vere e proprie dimore pronte ad accogliere ampie forme di espressione artistico-culturali, giovani e capaci operatori culturali, associazioni, ricercatori, cittadini. L’istituzione museale deve essere un’istituzione aperta al pubblico, una piazza del sapere, non un luogo frequentato per caso una sola volta nella vita, ma vissuto, aperto ai cittadini prima che ai turisti, un luogo aperto alla vita quotidiana, non il tempio di uno stanco rito sociale».