Storica entrata in vigore, il 14 gennaio 2017, della legge sulla canapa numero 242 del 2 dicembre 2016 recante “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”, resa necessaria per superare le diffidenze del passato e sostenere il boom in atto in Puglia, dove sono più che raddoppiati rispetto all’anno scorso i terreni coltivati a scopo tessile, edile, cosmetico, ma anche olio, vernici, saponi, cere, cosmetici, detersivi, carta o imballaggi, oltre al pellet di canapa per il riscaldamento che assicura una combustione pulita.

La ricerca della naturalità nell’abbigliamento, nell’alimentazione ed in generale l’affermarsi di stili di vita più ecologici ha favorito – sottolinea la Coldiretti – la diffusione della canapa che è particolarmente versatile negli impieghi, ma anche in grado dal punto di vista colturale a basso impatto ambientale, contribuisce alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità.

«É una opportunità che i nostri agricoltori non possono perdere – dice il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele – soprattutto nelle aree violate dai disastri ambientali come a Brindisi e Taranto, che possono diventare il distretto della canapa del Sud Italia, dove le imprese hanno il divieto di coltivazione di produzioni agroalimentari, contro le emergenze ambientali causate per esempio dalla centrale di Cerano a Brindisi e dall’ILVA a Taranto. Dalle attività sulla canapa ed in particolare dalla selezione di nuove varietà stanno emergendo applicazioni in campo alimentare, cosmetico e nutraceutico che verosimilmente offriranno nuove possibilità di sviluppo di impresa e l’assunzione di nuovo personale. Può essere coltivata senza alcun impiego di diserbanti e insetticidi. Ha minime esigenze di fertilizzanti e lascia nel terreno una buona dotazione di sostanza organica, rappresentata da una gran parte dell’apparato fogliare, oltre all’abbondante e profondo apparato radicale».

Il DdL prevede la promozione di azioni di formazione in favore di coloro che operano nella filiera della canapa e diffondono, attraverso specifici canali informativi, la conoscenza delle proprietà della canapa e dei suoi utilizzi nel campo agronomico, agroindustriale, nutraceutico, della bioedilizia, della biocomponentistica e del confezionamento.

«Il seme di canapa e gli alimenti derivati contengono, infatti, proteine – aggiunge Angelo Corsetti, Direttore Coldiretti Puglia – che comprendono tutti gli aminoacidi essenziali, in proporzione ottimale e in forma facilmente digeribile. Dalla canapa si ricavano inoltre tessuti naturali ottimi sia per l’abbigliamento, poiché tengono fresco d’estate e caldo d’inverno, sia per l’arredamento, grazie alla grande resistenza di questo tipo di fibra. Le colture che seguono la canapa rispondono positivamente, producendo sensibilmente di più. In alcuni casi il grano rende anche il 20 per cento in più rispetto ad una tradizionale rotazione con altre graminacee o bietola. I venti anni dedicati quasi esclusivamente a studiare questa pianta hanno consentito all’Italia di collezionare un catalogo di canapa selvatica e non, con più di 300 tipi diversi».

Si tratta in realtà – rileva la Coldiretti – di un ritorno per una coltivazione che fino agli anni ‘40 era più che familiare in Italia, tanto che il Belpaese con quasi 100mila ettari era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (dietro soltanto all’Unione Sovietica). Il declino è arrivato per la progressiva industrializzazione e l’avvento del “boom economico” che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche dalla campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un ombra su questa pianta.

ll Governo italiano nel 1961 sottoscriveva una convenzione internazionale chiamata “Convenzione Unica sulle Sostanze Stupefacenti” (seguita da quelle del 1971 e del 1988), in cui – prosegue la Coldiretti – la canapa sarebbe dovuta sparire dal mondo entro 25 anni dalla sua entrata in vigore mentre nel 1975 esce la “legge Cossiga” contro gli stupefacenti, e negli anni successivi gli ultimi ettari coltivati a canapa scompaiono. Il boom della coltivazione della canapa è un’ottima dimostrazione della capacità delle imprese agricole di scoprire e sperimentare nuove frontiere e soddisfare i crescenti bisogni dei nuovi consumatori che proprio da queste esperienze di green economy si aprono opportunità di lavoro nelle campagne che possono contribuire alla crescita sostenibile e alla ripresa economica ed occupazionale del Paese.