Il 21 Marzo andrà in scena a Trani lo spettacolo teatrale «Novantadue. Falcone e Borsellino, 20 anni dopo» di Claudio Fava, figlio del famoso giornalista, scrittore e saggista ucciso da cosa nostra.

Ventiquattro anni dopo la drammatica strage di via d’Amelio, in cui perse la vita il magistrato italiano Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta e dalla strage di Capaci, in cui venne ucciso Giovanni Falcone con sua moglie e tre agenti della scorta, va in scena a Trani  lo spettacolo teatrale proposto dalla compagnia Bam Teatro, con la regia di Marcello Cotugno. Tra gli attori in palcoscenico, il tranese Pierluigi Corallo, che torna a recitare nella sua città natale a distanza di ventuno anni dall’ultima rappresentazione e che ha recitato in quasi tutti i teatri importanti italiani all’estero,ì. Con lui, Filippo Dini e Giovanni Moschella.

«Una moderna tragedia classica», la definisce Marcello Cotugno. La scena, semplice e spoglia, ricostruisce il clima della storica indagine che i due magistrati condussero, isolati, nel carcere dell’Asinara. Borsellino e Falcone sapevano di dover morire, e Fava lo evidenzia con grande efficacia nello spettacolo: «Due uomini, due amici che condividono lo stesso desiderio di vita e l’identico presagio di morte. L’ultima notte della storica indagine dell’Asinara è per loro la notte in cui dirsi le cose a lungo taciute, confessarsi rabbie, allegrie, paure. Anche la paura di morire, sapendo che fuori da quella prigione, da quell’isola, li aspetta una guerra che non hanno cercato, ma che ormai li reclama».

Quest’opera teatrale racconta la solitudine di due uomini che hanno servito lo Stato e che dallo Stato sono stati abbandonati in un anno, il 1992, che è stato drammatico, oscuro e spaventoso per l’Italia tutta. Un anno in cui mentre si segnava la fine della Prima Repubblica, con i processi “mediatici” di Tangentopoli, i due magistrati simbolo della lotta alla mafia, protagonisti indiscussi del primo grande processo a Cosa Nostra, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, «saltarono in aria». Ed è da quel momento e incessantemente che si cerca la verità.

Luci scarne e scenografia minima a ricordare un teatro povero, di ispirazione kantoriana. Uno spettacolo che trova la sua cifra estetica nell’essenzialità. A innescare sulla scena il contradditorio narrativo con Falcone e Borsellino, altri due personaggi: un collega magistrato e un mafioso comune. Il primo è il nemico che si cela dentro casa, è la zona grigia, è il terreno della contraddizione, dove crolla ogni rassicurante steccato tra il bene e il male. Il secondo è un mafioso, uno che abbassa la testa ed esegue gli ordini, ma che si è rifiutato di eseguirne uno: uccidere Paolo Borsellino.